domenica 26 ottobre 2014

Consigli su come sopravvivere al lavoro a Berlino

Piccolo decalogo su quella che è la vita lavorativa a Berlino:
  • A Berlino l’età non conta, questo significa che se hai 50 anni ti troverai a dire “agli ordini capo” ad un ventenne.
  • Durante un colloquio a Berlino l’esperienza conta poco, ma conta “qualcos’altro”, verosimilmente la personalità e la proattività, quindi trovate un buon modo per dimostrarvi all’altezza.
  • La meritocrazia a Berlino è relativa, il che significa che il più delle volte avrete quella fastidiosa sensazione di averla presa in quel posto.
  • A Berlino i salari sono relativi, più alti dell’Italia ma più bassi della media Germanica, e forse dei tedeschi, e questo significa che il più delle volte avrete quella fastidiosa sensazione di averla presa in quel posto.
  • A Berlino, se non sei tedesco sei straniero. Suona banale, ma è bene ricordarselo, prima che andiate dal vostro capo a lamentarvi di una qualsiasi cosa e vi sentiate rispondere qualcosa tipo “puoi sempre tornartene da dove sei venuto”.
  • Berlino è piena di Italiani messi peggio di voi e con più capacità di voi, quindi attenzione a quando alzate la cresta per una qualsivoglia ingiustizia, perché sentirete rispondervi qualcosa tipo “guarda che la fuori c’è la fila di gente che prenderebbe il tuo posto”, ed è vero!
  • Lo dissi già per quanto riguarda la ricerca della casa, ma a Berlino vince chi si accontenta, anche sul lavoro. Prendete quello che vi viene dato con gratitudine, fate quello che vi viene richiesto con un sorriso, e farete probabilmente carriera; in caso contrario subentrerà quella fastidiosa sensazione di averla presa in quel posto.
  • A Berlino il lavoro c’è, va cercato perché non vi viene dal cielo, ma da qualche parte c’è. Il problema è che va preso con molta umiltà e gratitudine verso i tedeschi e la Germania e forse noi non ne siamo tanto capaci. Forse perché non vogliamo più sottostare a certi compromessi, forse perché ci intortano con tante bugie sulla Germania e su Berlino, forse perché le nostre aspettative sono troppo alte.


Per concludere, a Berlino le occasioni non mancano, ma è giusto sapere che per uno che ce la fa, 1000 altri non resistono nemmeno un anno; non mi stancherò mai di dirlo, io per primo sono sempre con un piede in aeroporto pronto a cambiare Paese, perché questa città non è per tutti, e non è quella che vi descrivono i tiggí. Alla fin fine, quello che quasi sempre predomina a Berlino, è quella fastidiosa sensazione di averla presa in quel posto.

venerdì 3 ottobre 2014

Terzo anno

Ebbene si. Mi trovo in USA per una breve vacanza, e mentre il jet-lag mi ha privato del sonno, ho realizzato che ad ottobre sono 3 anni che mi sono trasferito a Berlino.
è stato un anno intenso, pieno di vita, come al solito. L’anno scorso scrivevo del mio secondo anno a Berlino da Sofia, proprio nel mentre che la mia startup stava prendendo forma. Ora a distanza di un anno quella parentesi è chiusa e io già da aprile ho un altro lavoro full time in un’altra azienda. Perché poi alla fine Berlino è anche questo, un’altra possibilità te la da sempre, sempre che tu sappia coglierla al volo. E così mi ritrovo a pensare al mio rapporto con questa città a distanza di 3 anni, che per Berlino valgono come 30, ma di nuovo da molto lontano.
Sono a Chicago, solo da 2 giorni, eppure sono già pazzo di questa città. Mi succede sempre quando vengo in America, è come un richiamo fortissimo, un’attrazione fatale forse fomentata da mille serie tv viste in tenera età. E poi so già che quando andrò via sarà un pugno nello stomaco, un altro. Ecco, Berlino per me non è stata così, non lo è tuttora; non è stato un colpo di fulmine, non mi ha attirato a se con inutili moine (quelle che i tiggi nazionali propinano e che sono solo favole), non è stata nemmeno un ripiego. Ho voluto provare, certo che peggio della vita che stavo vivendo non poteva essere. E poi lentamente, con un vicendevole corteggiamento abbiamo deciso che poteva valere la pena avere una relazione. Ma ogni giorno costruiamo qualcosa di nuovo, litighiamo, facciamo pace, litighiamo di nuovo.
Guardando indietro ai 10 motivi che mi trattengono qui e a quelli che mi farebbero andare via, sinceramente comincio a ripensare seriamente alla mia permanenza a Berlino, alla luce del fatto che la bilancia comincia a pendere verso i secondi 10 motivi. E poi come ogni bella storia d’amore che si rispetti, in amore vince chi fugge! 
Ma a parte questo comincio ad essere stanco. Stanco di quello che scrivevo come un motivo per restare, ovvero che non e’ una città per vecchi, e purtroppo le migrazioni di massa di questi ultimi due anni, hanno ulteriormente abbassato l’età media. E se va bene vivere la notte come quando avevo 18 anni senza essere giudicato, non va bene trovarsi a fare colloqui o a dipendere da gente che ha un 9 davanti l’anno di nascita. Faccio davvero fatica a configurarmi in un contesto dove il mio “capo” o chi decide per me non ha nemmeno 2 anni di esperienza alle spalle. Ne va del mio orgoglio, dell’amor proprio, e ormai qui sta diventando la regola. Non avrei mai voluto far ruotare la mia vita o la mia soddisfazione personale intorno al lavoro, ma purtroppo è l’attività che occupa più tempo nella mia giornata, e diventa sempre più difficile se hai una certa età e una certa maturità professionale.
Nella lista dei 10 motivi che mi farebbero scappare da questa città, parlavo degli italiani a Berlino. La situazione è chiaramente degenerata, e se da una parte hanno colonizzato la città con 1000 nuovi ristoranti (il che non mi dispiace), dall’altra hanno fatto venire alla luce quello che i tedeschi sono, arrivisti e speculatori. Purtroppo l’arrivo in massa di italiani, spagnoli, greci e portoghesi alla ricerca disperata di un posto di lavoro e di una casa, ha portato ad un decremento spaventoso dei salari (vista la mole di gente disposta a lavorare per 1/5 dello stipendio) e contestualmente ad un aumento vertiginoso degli affitti per le case. E il trend non è destinato a cambiare.
Inoltre, dopo un po’ che vivono qui, quando la situazione si prospetta meno rosea di quella italiana, subentra la frustrazione, e a questo punto è tutto uno sfogo sul primo che capita (tendenzialmente connazionale, vista l’incapacità di poterlo fare sui tedeschi data la mancanza delle conoscenze linguistiche per farlo) oppure frega frega il prossimo tuo.
Inevitabilmente questo si sta riflettendo sulla mia vita, e di chi è qui da più tempo di me: prima di tutto sul lavoro, la sensazione è che io non possa più chiedere niente, poiché nel caso l’uscita so dov’è e soprattutto sanno che di gente disposta a lavorare per meno e in silenzio ne trovano quanta ne vogliono. E parliamo di lavori altamente qualificati (non oso immaginare per quelli per cui non è richiesta nemmeno una laurea). Per quanto riguarda la casa, anche volendo cambiare zona (avvicinandomi all’ufficio per esempio) ormai sono tutte carissime rispetto a quando arrivai, per tanto me ne resto qui, dove per lo meno l’affitto rimane quello di 2 anni fa. Insomma, è diventato tutto un prendere o lasciare, un accontentarsi. E io, come forse si sarà capito dai miei post precedenti, non mi accontento facilmente.

Per concludere, cara la mia amata-odiata Berlino, in questi 3 anni ce la siamo spassata è vero, ma se i brutti momenti continueranno ad offuscare quelli belli, non potrò fare altro che lasciarti, ma se non altro resteremo amici. Per sempre.