lunedì 31 ottobre 2016

Quinto anniversario

Ed eccomi qua, col solito post anniversario. Unica vera costante di questo desolato blog.
Mi scuso per il ritardo, ma il 4 ottobre ero in Argentina, da qualche parte in Patagonia. Ma questa é un'altra storia.
L'anno passato é stato strano sotto molti punti di vista, e per questo devo dire che é volato senza che me ne accorgessi.
Il clima per iniziare: l'inverno é stato sin troppo mite, il che é incredibile per una città come Berlino la cui latitudine é prossima alla Siberia. Per cui l’attesa e l’apprezzamento per la primavera non é stata cosi trepidante come gli altri anni. Di contro l’estate ha fatto abbastanza schifo, il che é perfettamente nelle corde di Berlino.
Lavorativamente parlando, ho concluso il post-anniversario scorso dicendo che avevo appena accettato una nuova offerta da una compagnia blasonata e quotata in tutta la Germania, e ora in Europa (data la recente acquisizione da parte di un gruppo internazionale). Vorrei dire che sono tutte rose e fiori, ma conflitti interni e difficoltà organizzative, stanno portando una serie di problemi e un turn over di personale, che mi ricordano purtroppo un film già visto. Spero solo che questa incertezza passi con l’anno che verrà.
La vera soddisfazione dell’anno é la casa, che a fatica e con una certa perseveranza ho arredato e reso funzionale ai miei bisogni, e ne sono oggettivamente orgoglioso.
Dall’altra parte, quello che ha davvero rovinato l’anno passato, sono una serie di grane legali che sembrano non avere conclusione: in primis la famosa palestra di Madonna (la Hard Candy che ho menzionato sempre nel post dell’anno scorso) che é fallita chiudendo i centri da un giorno all’altro. Peccato che io avevo appena pagato 1000 euro per una sottoscrizione a vita (sì, avete letto bene, un abbonamento per tutta la vita a soli 1000 euro). E così adesso concorro coi creditori alla bancarotta della mia palestra. Nessun cenno dalla signora Ciccone per ora.
Altra grana é dovuta alla precedente casa che ho affittato per 4 anni. Non per vantarmi, ma quando affittai quell’appartamento non era propriamente un gioiello. Ho sistemato i mobili che chi c’era prima mi ha lasciato; messo le tende; sbiancato le pareti e soprattutto dato una profonda pulita visto che chi c’era prima aveva un gatto che perdeva più peli di me prima e durante l’alopecia. In tutto questo per 4 anni ho sempre pagato tutte le spese, non ho mai rotto i coglioni alla proprietaria, ne ai vicini di casa (seppur ad un certo punto mi hanno schiaffato un ristorante al piano terra, con cucina nelle cantine). Quando sono andato a Sofia per quasi 4 mesi, mi sono sognato di subaffittare il mio appartamento, perdendo una barca di soldi, ma con la paura che qualcuno lo rovinasse, causandomi più danni che benefici. Bene, quando ho lasciato l’appartamento a Novembre, mi é stata negata la possibilità di trovare qualcuno che mi subentrasse prima della scadenza effettiva del contratto (Gennaio 2016) e che comprasse tutti i mobili. Quindi mi sono dovuto prendere la briga di vendere tutti i mobili, verniciare casa e soprattutto pagare l’affitto a vuoto per 3 mesi. Quando ovviamente la cosa non era successa per me. E per concludere questa favolosa storia, ad oggi non ancora rivedo la mia caparra (ben 1800 euro) per motivi ignoti. Il termine massimo é sei mesi dalla fine del contratto, per cui ora l’agenzia é in piena illegalità, ma ovviamente la cosa non tange nessuno a parte me. Ovviamente sto procedendo anche in questo caso tramite il mio avvocato, ma temo che sarà una lunga e dispendiosa storia.
Per concludere, come ormai mi rendo conto guardando il mio non-blog, Berlino é entrata nella mia quotidianità come un paio di pantofole, non adatte alle grandi occasioni, ma comode come poche cose al mondo. Probabilmente anche Berlino si é adattata alla grande mole di immigrati, perché ormai ho la sensazione che manco ci si sforzi piú di parlare tedesco, ma bensì inglese.

Se non ci sentiamo prima, buone feste!

domenica 24 aprile 2016

I Berlinesi sui mezzi pubblici

AVVISO: modalità ironia ON. Se avete acidità di stomaco non siete obbligati a proseguire con la lettura.
Quello che segue é un piccolo decalogo sul comportamento dei berlinesi nei confronti dei mezzi pubblici. Sono perfettamente consapevole che in alcune città, a volte anche più blasonate a livello di ordine a pulizia (si veda Tokyo per esempio), la situazione sia peggiore, ma ammetto che a Berlino se si vuole vivere uno spaccato di vera società, prendere un mezzo pubblico può essere più che sufficiente.
1. Non importa se il mezzo successivo arriverá dopo due minuti da quello appena giunto: il berlinese tipo sale sul primo mezzo che gli si para davanti, anche se pieno come un otre di vino a novembre, e al costo di passare su una anziana paralitica sulla sedia a rotelle. É la situazione tipo in questa città, che vale per quasi tutto: il berlinese odia aspettare, e preferisce viaggiare in condizioni umanitarie al limite della croce rossa, piuttosto che aspettare anche solo un minuto in più per il mezzo successivo, che spesso é vuoto visto che tutti avranno intasato il precedente.
2. Per accaparrarsi un posto (anche in piedi) il berlinese tipo dimentica millenni di civiltà, e fa sfoggio di una violenza tale vista solo durante il black friday nei centri commerciali americani. Sono stato personalmente scartavetrato a terra da una ragazza di 22 anni bionda con le treccine e due occhi azzurri da Bambi che ha appena trovato la madre tramortita. Una scena che vedo spesso accadere la mattina, e che davvero ti fa ripensare alla tua appartenenza al genere umano, é quando chi deve salire non lascia nemmeno il tempo a chi deve scendere di lasciare il mezzo, creando situazioni drammatiche, in cui chi vuole uscire spinge per farlo il più in fretta possibile, prima che le porte si chiudano, e chi vuole salire preme con tutto se stesso verso l'interno del mezzo e contro coloro che vogliono uscire. Questo talvolta include anziani e madri con bambini.
3. Il berlinese tipo trasporta ogni cosa gli passa per la testa sui mezzi pubblici: questo include divani, letti, materassi, cavalli, biciclette (le fottute biciclette sottolineerei) e passeggini della dimensione di uno shuttle. Questo anche quando il mezzo é già spaventosamente pieno e nonostante la consapevolezza che verrai guardato come una merda appena fatta per tutta la durata del viaggio. La situazione peggiore si verifica con la pioggia e il brutto tempo, quando la gente pensa bene di uscire in bicicletta salvo poi portarsela in metro o tram. A questo punto la domanda sorge spontanea: visto che a Berlino il tempo é piuttosto stabile (non cambia ogni 5 minuti), in quale momento della tua noiosa vita ti é balenato in testa di uscire in bicicletta col freddo, la pioggia, il ghiaccio o la neve, salvo poi decidere di prendere i mezzi col bi-ciclo a seguito???
4. Il berlinese mangia e beve di tutto sui mezzi pubblici, nonostante un cartello decisamente chiaro che proibisce il consumo di bevande e cibo a bordo. E quando dico di tutto, intendo di tutto, dalla pizza, all'insalata, ad un profumatissimo kebap passando per mac donalds vari e fish and chips. Idem per le bevande, si parte dalla birra, passando per il vino, fino all'immancabile caffé to-go della mattina, che ovviamente é una bomba ad orologeria, soprattutto quando i treni sono stra-colmi. Ogni volta che vedo qualcuno in piedi davanti a me col bicchierone ripieno di caffé bollente, mi sale l'ansia manco fossi cosparso di miele in una gabbia di orsi grizzly. Immancabile la scena in cui il mezzo di trasporto frena all'improvviso, e il caffè bollente finisce addosso a colui che indossa più indumenti bianchi. E lì sono bestemmie...
5. Il berlinese tipo odia chi si fa i cazzi propri, ma adora farsi i fattacci degli altri. Ho visto personalmente sfumare le migliori diottrie solo per carpire cosa la vicina stia leggendo o scrivendo sul proprio smartphone. Cose davvero al limite della dignità umana, che comprendono tentativi di lettura dal riflesso sul vetro, fino a fingersi strabici quando sorpresi a leggere la conversazione su whatsapp del vicino di treno. Insomma, vi sconsiglio vivamente di aprire Tinder sui mezzi di trasporto onde evitare di essere sgamati dopo 10 secondi. Ma ovviamente voi non usate Tinder...
6. In linea di principio tutti o quasi pagano il biglietto a Berlino, anche per la bicicletta a seguito, ma capita sempre il distratto che dimentica di obliterare il biglietto o lascia l'abbonamento a casa, e qui i controllori sono in incognito, ovvero very normal people della dimensione di una expedit 5x5, che guadagnano sulle multe fatte, e che in caso di mancanza di biglietto vi fará subire due onte: la prima é lo sguardo impassibile del controllore stesso che vi chiederà il documento di riconoscimento, e se non lo avete vi scorterà fuori dal treno in malo modo, ed é inutile che provate a biascicare qualche scusa perché a lui non gliene può fregare di meno. La seconda é lo sguardo schifato e persecutore di tutti gli altri passeggeri, che (fomentati anche dall'azienda dei trasporti) vi colpevolizzeranno di tutti gli aumenti del costo dei biglietti degli ultimi 80 anni.


Discorso a parte meriterebbero gli autisti dei mezzi, che di solito hanno la gentilezza e la compassione di un dobermann davanti ad una salsiccia, ma in fin dei conti devo dire grazie un milione di volte alla BVG che mi ha restituito circa 2 ore al giorno della mia vita che in Italia perdevo in macchina bestemmiando sulla A4. E poi i mezzi sono sempre attivi durante il weekend, mica poco...

martedì 20 ottobre 2015

Quarto anniversario

Eccomi qui, nella mia integrità nel pubblicare cose quando voglio, almeno il post-anniversario della mia venuta a Berlino non manca mai.
Siamo arrivati a 4 anni, faccio fatica ad accettarlo, ma siamo a quattro. 
L'anno che é passato é stato costellato da diversi viaggi (unica mia vera passione), dal corso di fotografia (che a discapito degli investimenti economici / personali ha purtroppo disatteso le mie altissime aspettative, fosse altro per mancanza totale di tempo), dall'iscrizione in una una nuova palestra (quella di Madonna, non so se mi spiego), e dal lavoro.
Fondamentalmente un anno tranquillo, se non fosse stato che, intorno a marzo / aprile, avevo fortemente deciso di lasciare Berlino per Londra. Ora, non so se é perché l'occasione lavorativa anglosassone non é andata a buon fine, o perché oggettivamente mi sono reso conto che Berlino é meglio, ma alla fine ho cominciato a sentire questa cittá davvero "casa" mia. Proprio così, il mood attuale é "Berlino é casa".
Tutto mi é familiare, tutti mi sono familiari, so come e dove muovermi, e alla fine ho imparato ad accettare tutti i difetti, della città, della Germania, della gente, ed ecco che ora conviviamo pacificamente, scornandoci di tanto in tanto ma senza grossi scossoni.
Credo che proprio il mese passato sia emblematico dell'anno trascorso. Ho praticamente rassegnato le dimissioni dal mio attuale lavoro, dopo averne trovato un altro decisamente migliore (si spera), e soprattutto ho comprato casa. Tutto in due settimane.
E piú o meno da solo (fatta eccezione per un amico che mi ha passato il contatto del venditore per la casa), il che mi fa ben pensare che il peggio ormai sia passato.
Confido che nel momento in cui la situazione abitativa e lavorativa si saranno risolte, potrò finalmente concentrarmi sul mio processo di integrazione in questa nazione.
Comunque, il messaggio di questo post, per voi che vi avventurate in questa città, é uno solo: non arrendetevi. Ci vuole tanta pazienza, ma proprio tanta. Ancora non sono in grado di dire se Berlino sia meglio o peggio delle città italiane in cui ho vissuto, posso dirvi però che la qualità della mia vita ha subito un generale miglioramento, ma questo a discapito di una tranquillità che forse in Italia era maggiore. Mi spiego meglio, qui a Berlino é sempre tutto un divenire, quattro lavori in quattro anni, tre case cambiate, mille "amici" passati, viaggi non pianificati; in Italia per me era più o meno lo stesso da anni, lavoro sempre quello, amici sempre quelli, la mia famiglia che comunque era onnipresente, viaggi sempre ad agosto e pianificati dall'anno prima. Ma paradossalmente ho scoperto che a me la noia mi uccide, per cui preferisco trovarmi nell'occhio del ciclone e farmi sballottolare in giro senza sapere dove finirò, piuttosto che stare a casa e guardare la tromba d'aria in televisione dal mio divano. Ecco, sappiatelo, la pappa non arriva se state seduti ad una sedia ad aspettarla; qui vi dovete comprare gli ingredienti e prepararvela, e probabilmente dovrete anche buttarne un paio di pentole, prima che vi venga buona.

Spero ancora una volta che la mia esperienza vi sia di aiuto, e confido di tornare con qualche nuovo post al più presto. Statemi bene.

venerdì 9 gennaio 2015

Imparo il tedesco a Berlino - Le scuole di lingua

Oggi, in questa grigia e tetra giornata di gennaio, voglio parlare di un argomento che porterà il mio umore ancora più in basso: il tedesco (inteso come lingua germanica).
La tediosa e superficiale domanda che solo chi non ha mai vissuto in Germania costantemente mi propina è: ma sto tedesco te lo sei imparato?
Ebbene la risposta a distanza di tre anni è NO. E sottolineo OVVIAMENTE NO.
Partiamo dal presupposto che i limiti
sono miei, ma anche della vita che conduco.
In primis, io sono arrivato a Berlino senza saper neppure scrivere “ja” (e infatti lo scrivevo “ya”) a trent’anni suonati senza mai essermi posto il problema di studiare tedesco, e quindi dovendo partire da zero e con un blocco mentale notevole.
In secondo luogo il tempo a disposizione è quello che è, lavorando tutto il giorno e considerato che il sabato e la domenica le scuole sono chiuse. Io a scuola ci sono sempre andato, e dopo il lavoro vi assicuro che la capacità di concentrazione svanisce al primo olezzo di cibo (e la mia attuale scuola ha un ristorante annesso quindi l’eventualità è tutt’altro che rara).
Infine, mettiamoci pure che la città in cui vivo e il mio lavoro non rendono il tedesco una necessità stringente, a patto di sapere l’inglese. Inutile ripeterlo, ma il fatto che la città sia stracolma di stranieri fa si che l’inglese sia molto diffuso, per non parlare dell’italiano, che impera anche nei luoghi più impensabili. Insomma sopravvivo benissimo col mio poco tedesco.
Ma questo vuole essere un post sulle scuole di lingua e non sulla mia pigrizia.
Anno domini 2011, appena arrivato a Berlino, da neofita quale ero mi iscrivo alla scuola più famosa dopo il CEPU, il Goethe Insititute, livello A1.
Era un corso pseudo intensivo, tre volte a settimana (lunedì, martedì e giovedì)  per tre ore (dalle 18 alle 21) per 6 settimane. Nonostante fossi appena arrivato, nonostante il nuovo lavoro, nonostante il fatto che la casa in cui ero rappresentava una fonte inesauribile di casini (vedere post precedenti), devo ammettere che é stato un corso valido, molto valido. Il merito é andato all’insegnante, davvero paziente e bravissima nel celare il fatto di conoscere l’italiano meglio di me, e alla mia ignoranza in materia (é facile riempire un vaso vuoto). Difetti: il costo spropositato (600 euro), la fatica (a volte tanta) e la presenza di italiani per classe (più di metà) che però sono tuttora i miei migliori amici.
Arriviamo al 2012, mi dico che in fin dei conti la precedente esperienza non era stata male, e mi iscrivo anche al corso A2, forte della presenza dei precedenti compagni italiani, ormai divenuti amici (il voler imparare il tedesco perché ci sono i tuoi amici italiani in classe NON é mai una buona motivazione, annotatevelo!). Purtroppo dopo aver pagato i 600 euro, arriva l’amara sorpresa: non é stato raggiunto il numero di iscritti e così mi hanno spostato nel corso meno intensivo (ovvero 2 volte a settimane, martedì e giovedì, stesso orario ma per 8 settimane). A questo si somma il fatto che l’insegnante non era più la stessa, bensì un insegnante tutto sommato decente, ma sostituito dopo sole 2 settimane con un’anziana signora chiaramente non tedesca, e chiaramente non brava quanto i precedenti insegnanti. Morale della favola: due mesi persi a parlare di code alla vaccinara durante la lezione! Ma per il Goethe ero abile per l’A2 e quindi certificato ottenuto.
Finito il corso, mi sono scoraggiato parecchio, anche in virtù del costo, della fatica e del fatto che più passavano i mesi a Berlino e più italiani conoscevo, soprattutto a lavoro.
A quel punto fu proprio l’azienda per cui lavoravo a sorprendermi, mettendo un’insegnante di tedesco a farci un corso di 2 ore una volte a settimana, dopo il lavoro ovviamente.
Il corso durò circa 4 mesi, e seppure non servì a molto, data la disparità di livello degli elementi in classe, mi fece apprezzare l’insegnante che mi consigliò la scuola dove lei abitualmente insegnava, ovvero la GLS.
Arriviamo al momento in cui mi sono ritrovato per tre mesi a spasso, correva l’anno 2013; l’azienda che mi mise alla porta mi pagò una degna buona uscita per non denunciarla, e in più avevo il mio sussidio di disoccupazione. Mi dico: ora hai tempo e soldi, investili seriamente in una scuola full-time di tedesco. E così mi iscrissi finalmente alla GLS per l’intensivekurse (5gg a settimana, 7 ore al giorno divise in 2 di grammatica, 2 di vocabolario e 3 il pomeriggio di conversazione). Inizialmente optai per soli due mesi, dato il costo esorbitante (2000 euro), e il livello in cui venni ammesso: nuovamente A2, ma la cosa non mi sorprese, e mi diede ulteriore misura dell’attendibilità del Goethe, che rimane tuttora il certificatore ufficiale. Inutile dirvi che in due mesi presi il B1 e la scuola funzionò egregiamente. Nulla, e sottolineo nulla da recriminare. Ogni centesimo pagato fu abbondantemente ricompensato. Tornavo a casa e mi trovavo a pensare in tedesco lungo la strada; andavo nei negozi e parlavo tedesco (pur conscio die miei limiti) senza alcuna vergogna; mi trovai a comprare libri di narrativa in tedesco. Ma mi mise davanti a tutti i motivi che avrebbero fatto si che il tedesco non lo avrei più imparato a meno di continuare a frequentare quel tipo di scuola. Io imparai tanto tedesco, e parlai tanto tedesco per due motivi fondamentali: classe formata da 5 elementi (di cui io ero il solo italiano) e immersione totale in un ambiente tedesco in cui l’inglese non era tollerato, ne parlato.
La vita infatti mi portò nuovamente in ambienti dove italiano e inglese la facevano da padroni, e nel mentre lasciai pure Berlino per 3 mesi alla volta della Bulgaria. E così quel poco di buono che avevo imparato in quei due mesi svanì in quasi un anno di fermo totale.
Arriviamo al 2014, siamo già a Maggio. L’azienda che mi ha assunto mi ha fornito come benefit il pagamento di una scuola di tedesco a mia scelta per 6 mesi, e forte della mia precedente esperienza decisi di iscrivermi nuovamente alla GLS, corso serale da due volte a settimana (martedì e giovedì) per due ore. Purtroppo non ho potuto fare di più, vista la distanza della scuola dall’ufficio, che mi ha costretto ad uscire un’ora prima dal lavoro nei giorni di corso. Ho finito anche il B2, ma ammetto di non ritenermi soddisfatto, fosse altro per lo scarso impegno che ho dedicato al corso. La stanchezza aumenta e con essa anche il malumore. Durante i mesi di corso, per altro ci é stata messa a disposizione un’insegnante di tedesco a lavoro, una volta a settimana per un’ora e in pausa pranzo. Inutile dirvi che un corso fatto così non serve quasi a nulla.
Concludo questo post tristissimo consigliandovi quanto segue: il tedesco si impara stando coi tedeschi e imponendosi di parlarlo. Una scuola serve coi dovuti limiti, in fin dei conti il tedesco come lingua é un insieme di regole grammaticali che potete studiare da soli su un buon libro. Se avete tempo e soldi, investite almeno 3-4 mesi (di più é meglio) in un vero corso intensivo. 

Io credo che mi butterò sullo spagnolo. Pace.

martedì 30 dicembre 2014

Ciao 2014, aspettando con ansia sto' 2015

Siamo alla fine del 2014 e ho davvero bisogno di riordinare le idee accumulate nei 12 mesi passati, e scriverne mi aiuta molto.
Generalmente divido la mia vita in bene e male, ma questa volta voglio pensare l’anno passato ordinato in due categorie: ho fatto e avrei voluto fare.
Partiamo dall’ “avrei voluto fare” col dire che se può suonare come un elenco di rimpianti, in realtá vuole essere un monito ad imparare dalle opportunità sprecate.
Avrei voluto che la mia startup fosse diventata il mio futuro, e soprattutto che fosse stata più simile a me, a come vedo il mio lavoro. Cosi non é stato, e ho la mia buona dose di colpe. Sarei dovuto essere più risoluto e fermo su alcune decisioni. 
Quando ho cercato un nuovo lavoro, avrei voluto seriamente cercarlo fuori Berlino; sapevo che ormai non é più la cittá in cui vedo un futuro lavorativo serio e duraturo. Purtroppo ho visto sfumare una bella opportunità a Stoccarda e anche in questo caso ho la mia buona dose di colpe; in quel momento ho accettato l’alternativa che mi si é parata davanti, a Berlino, che portava con se tutti i difetti di questa città.
Avrei voluto fare di più per la mia salute, il tempo passa e non campo più di rendita da diversi anni ormai. E così uno sfogo trascurato é diventato dermatite; quel chilo in più che “tanto col caldo vado a nuotare e va via” ormai é sedimentato sul mio girovita; per non parlare della palestra, che frequento davvero poco. La mia filosofia é che per impormi di fare una cosa devo pagarla cara, così laddove non arriva il mio senso di colpa (ormai assuefatto a queste situazioni) arriverà il mio estratto conto; motivo per cui mi sono iscritto ad una palestra carissima con tutti i corsi del mondo inclusi, ma neanche questo ha sortito gli effetti sperati.
Avrei voluto fare di più per il mio “tedesco” inteso come lingua. L’orecchio ormai é abbastanza buono, nel senso che capisco quello che mi si dice, ma la bocca é poco allenata e infatti lo parlo pochissimo. Per il principio di cui sopra, ho speso soldi considerandoli un investimento per l’apprendimento della lingua, ma anche in questo caso, ne una tv nuova, ne la scuola semestrale hanno sortito alcun miracolo.
Infine, avrei voluto provare meno sensi di colpa verso persone che nei miei confronti non ne provano; sentirmi meno vincolato a rapporti che avrei dovuto lasciare andare giá da qualche anno e pulire la mia rubrica da contatti con cui la comunicazione é limitata ai “mi piace” su Facebook.
Nella categoria “ho fatto” partirei coi viaggi, unica vera ragione di vita ultimamente. I miei mesi sono scanditi dall’attesa per il prossimo viaggio e dalla loro organizzazione (forse sin troppo minuziosa). Quello che mi trattiene seduto alla sedia dell’ufficio é soltanto il pensiero che tra poche settimane sarò lí, il luogo esatto non conta, basta essere altrove. E così sono contento per aver girato una buona fetta di mondo, spendendo gran parte dei miei risparmi, ma essendone estremamente felice.
Ho fatto quello che andava fatto per il mio sostentamento, ovvero lasciare andare la mia compagnia che non poteva decollare visti i mezzi a disposizione, e accettare quello che mi permetteva di vivere agevolmente. Sono sceso a mille compromessi per il mio attuale lavoro, ma ne sono fiero. Questa volta la gastrite é stata abbondantemente scongiurata.
Ho dato un bel calcio nel sedere a quel blocco psicologico che faceva si che fossi generalmente restio a parlare inglese in pubblico, convinto del mio accento italico alquanto marcato. E se vi dicessi che c’é chi mi ha detto che lo trova persino simpatico?
Ho imparato a godermi Berlino per altri aspetti che poco hanno a che vedere con il Berghain; a non impormi la stessa routine ogni sabato sera. Da questo punto di vista ho già dato, e non vorrei tornare ai tempi in cui il sabato sera la terna aperitivo-cena-discoteca era un obbligo.
Ultimo ma non meno importante, qualcuno direbbe “in zona Cesarini”, durante l’ultimo mese ho fatto qualcosa per me, e per me soltanto: ho frequentato un corso di fotografia con un vero professionista. E mi é piaciuto un casino.
Direi che per il 2015 riparto da qui, da quello che mi piace e che voglio mi porti ad un futuro fatto di vere soddisfazioni, magari riprendendo anche una mia vecchia ma sempre presente passione: la musica.

E vi auguro di poter fare lo stesso.

domenica 26 ottobre 2014

Consigli su come sopravvivere al lavoro a Berlino

Piccolo decalogo su quella che è la vita lavorativa a Berlino:
  • A Berlino l’età non conta, questo significa che se hai 50 anni ti troverai a dire “agli ordini capo” ad un ventenne.
  • Durante un colloquio a Berlino l’esperienza conta poco, ma conta “qualcos’altro”, verosimilmente la personalità e la proattività, quindi trovate un buon modo per dimostrarvi all’altezza.
  • La meritocrazia a Berlino è relativa, il che significa che il più delle volte avrete quella fastidiosa sensazione di averla presa in quel posto.
  • A Berlino i salari sono relativi, più alti dell’Italia ma più bassi della media Germanica, e forse dei tedeschi, e questo significa che il più delle volte avrete quella fastidiosa sensazione di averla presa in quel posto.
  • A Berlino, se non sei tedesco sei straniero. Suona banale, ma è bene ricordarselo, prima che andiate dal vostro capo a lamentarvi di una qualsiasi cosa e vi sentiate rispondere qualcosa tipo “puoi sempre tornartene da dove sei venuto”.
  • Berlino è piena di Italiani messi peggio di voi e con più capacità di voi, quindi attenzione a quando alzate la cresta per una qualsivoglia ingiustizia, perché sentirete rispondervi qualcosa tipo “guarda che la fuori c’è la fila di gente che prenderebbe il tuo posto”, ed è vero!
  • Lo dissi già per quanto riguarda la ricerca della casa, ma a Berlino vince chi si accontenta, anche sul lavoro. Prendete quello che vi viene dato con gratitudine, fate quello che vi viene richiesto con un sorriso, e farete probabilmente carriera; in caso contrario subentrerà quella fastidiosa sensazione di averla presa in quel posto.
  • A Berlino il lavoro c’è, va cercato perché non vi viene dal cielo, ma da qualche parte c’è. Il problema è che va preso con molta umiltà e gratitudine verso i tedeschi e la Germania e forse noi non ne siamo tanto capaci. Forse perché non vogliamo più sottostare a certi compromessi, forse perché ci intortano con tante bugie sulla Germania e su Berlino, forse perché le nostre aspettative sono troppo alte.


Per concludere, a Berlino le occasioni non mancano, ma è giusto sapere che per uno che ce la fa, 1000 altri non resistono nemmeno un anno; non mi stancherò mai di dirlo, io per primo sono sempre con un piede in aeroporto pronto a cambiare Paese, perché questa città non è per tutti, e non è quella che vi descrivono i tiggí. Alla fin fine, quello che quasi sempre predomina a Berlino, è quella fastidiosa sensazione di averla presa in quel posto.

venerdì 3 ottobre 2014

Terzo anno

Ebbene si. Mi trovo in USA per una breve vacanza, e mentre il jet-lag mi ha privato del sonno, ho realizzato che ad ottobre sono 3 anni che mi sono trasferito a Berlino.
è stato un anno intenso, pieno di vita, come al solito. L’anno scorso scrivevo del mio secondo anno a Berlino da Sofia, proprio nel mentre che la mia startup stava prendendo forma. Ora a distanza di un anno quella parentesi è chiusa e io già da aprile ho un altro lavoro full time in un’altra azienda. Perché poi alla fine Berlino è anche questo, un’altra possibilità te la da sempre, sempre che tu sappia coglierla al volo. E così mi ritrovo a pensare al mio rapporto con questa città a distanza di 3 anni, che per Berlino valgono come 30, ma di nuovo da molto lontano.
Sono a Chicago, solo da 2 giorni, eppure sono già pazzo di questa città. Mi succede sempre quando vengo in America, è come un richiamo fortissimo, un’attrazione fatale forse fomentata da mille serie tv viste in tenera età. E poi so già che quando andrò via sarà un pugno nello stomaco, un altro. Ecco, Berlino per me non è stata così, non lo è tuttora; non è stato un colpo di fulmine, non mi ha attirato a se con inutili moine (quelle che i tiggi nazionali propinano e che sono solo favole), non è stata nemmeno un ripiego. Ho voluto provare, certo che peggio della vita che stavo vivendo non poteva essere. E poi lentamente, con un vicendevole corteggiamento abbiamo deciso che poteva valere la pena avere una relazione. Ma ogni giorno costruiamo qualcosa di nuovo, litighiamo, facciamo pace, litighiamo di nuovo.
Guardando indietro ai 10 motivi che mi trattengono qui e a quelli che mi farebbero andare via, sinceramente comincio a ripensare seriamente alla mia permanenza a Berlino, alla luce del fatto che la bilancia comincia a pendere verso i secondi 10 motivi. E poi come ogni bella storia d’amore che si rispetti, in amore vince chi fugge! 
Ma a parte questo comincio ad essere stanco. Stanco di quello che scrivevo come un motivo per restare, ovvero che non e’ una città per vecchi, e purtroppo le migrazioni di massa di questi ultimi due anni, hanno ulteriormente abbassato l’età media. E se va bene vivere la notte come quando avevo 18 anni senza essere giudicato, non va bene trovarsi a fare colloqui o a dipendere da gente che ha un 9 davanti l’anno di nascita. Faccio davvero fatica a configurarmi in un contesto dove il mio “capo” o chi decide per me non ha nemmeno 2 anni di esperienza alle spalle. Ne va del mio orgoglio, dell’amor proprio, e ormai qui sta diventando la regola. Non avrei mai voluto far ruotare la mia vita o la mia soddisfazione personale intorno al lavoro, ma purtroppo è l’attività che occupa più tempo nella mia giornata, e diventa sempre più difficile se hai una certa età e una certa maturità professionale.
Nella lista dei 10 motivi che mi farebbero scappare da questa città, parlavo degli italiani a Berlino. La situazione è chiaramente degenerata, e se da una parte hanno colonizzato la città con 1000 nuovi ristoranti (il che non mi dispiace), dall’altra hanno fatto venire alla luce quello che i tedeschi sono, arrivisti e speculatori. Purtroppo l’arrivo in massa di italiani, spagnoli, greci e portoghesi alla ricerca disperata di un posto di lavoro e di una casa, ha portato ad un decremento spaventoso dei salari (vista la mole di gente disposta a lavorare per 1/5 dello stipendio) e contestualmente ad un aumento vertiginoso degli affitti per le case. E il trend non è destinato a cambiare.
Inoltre, dopo un po’ che vivono qui, quando la situazione si prospetta meno rosea di quella italiana, subentra la frustrazione, e a questo punto è tutto uno sfogo sul primo che capita (tendenzialmente connazionale, vista l’incapacità di poterlo fare sui tedeschi data la mancanza delle conoscenze linguistiche per farlo) oppure frega frega il prossimo tuo.
Inevitabilmente questo si sta riflettendo sulla mia vita, e di chi è qui da più tempo di me: prima di tutto sul lavoro, la sensazione è che io non possa più chiedere niente, poiché nel caso l’uscita so dov’è e soprattutto sanno che di gente disposta a lavorare per meno e in silenzio ne trovano quanta ne vogliono. E parliamo di lavori altamente qualificati (non oso immaginare per quelli per cui non è richiesta nemmeno una laurea). Per quanto riguarda la casa, anche volendo cambiare zona (avvicinandomi all’ufficio per esempio) ormai sono tutte carissime rispetto a quando arrivai, per tanto me ne resto qui, dove per lo meno l’affitto rimane quello di 2 anni fa. Insomma, è diventato tutto un prendere o lasciare, un accontentarsi. E io, come forse si sarà capito dai miei post precedenti, non mi accontento facilmente.

Per concludere, cara la mia amata-odiata Berlino, in questi 3 anni ce la siamo spassata è vero, ma se i brutti momenti continueranno ad offuscare quelli belli, non potrò fare altro che lasciarti, ma se non altro resteremo amici. Per sempre.